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Il Formaggio
Formaggio Piemontese:

Fresco o stagionato, dolce o piccante, a pasta dura o molle, il formaggio è senza dubbio uno degli alimenti più antichi: compare nei poemi omerici (ricordiamo le ricotte di Polifemo), e ne parlano vari autori della classicità greca e latina, che nei loro scritti non mancano di elogiare la produzione casearia tipica di questa o quella località: perché parlare di formaggio significa evocare l'infinita varietà di formaggi che i più diversi ambienti e culture hanno saputo creare, traducendo in sapori prelibati l'originaria esigenza di conservare il latte trasformandolo in cibo solido, trasportabile e durevole. Per molti secoli il formaggio ha rappresentato una fonte di sostentamento fondamentale per gruppi e popolazioni: come alimento, era il nutrimento principale assieme al pane e ai suoi surrogati (castagne, legumi secchi, e, in seguito, patate e polenta); come merce, poteva essere venduto ai mercati e alle fiere e consentire quindi l'acquisto di altri beni indispensabili. Questa situazione ben descrive l'esistenza di chi abitava zone montane come le valli piemontesi, poco adatte a un'agricoltura estensiva ma ideali allo sviluppo di una produzione casearia di altissima qualità e così importante per la vita delle comunità locali che nel 1593, durante una grave carestia, il Vescovo di Torino permise agli abitanti delle Valli di Lanzo di far uso di burro e latticini durante la Quaresima.
Dell'importanza e del prestigio dei formaggi piemontesi dà testimonianza la spesso citata Summa Laticiniorum, pubblicata nel 1477 da Pantaleone da Confienza, un luminare della medicina tardo-medievale. l:opera, un vero e proprio trattato medico, intendeva dimostrare il valore nutrizionale del latte e dei suoi derivati (all'epoca messo in dubbio da varie fonti), ma soprattutto descrivere e classificare i formaggi evidenziando la superiorità qualitativa di quelli prodotti nell'Italia nord- occidentale. Gli eredi di quei formaggi costituiscono oggi l'eccellenza della produzione casearia piemontese.
Si tratta dei formaggi insigniti, nel 1996, del riconoscimento europeo della Denominazione di Origine Protetta (e, prima ancora, della Denominazione di Origine Controllata), e sono in tutto nove. Di questi, sei sono prodotti esclusivamente in territorio piemontese, e per questo ce ne occuperemo più estesamente: sono Bra (nelle varietà Duro e Tenero), Castelmagno, Murazzano, Raschera, Robiola di Roccaverano e Toma Piemontese (nei tipi Toma Piemontese e Toma Piemontese Semigrassa). Gli altri tre sono prodotti anche, ma non esclusivamente, nella nostra regione. A questi abbiamo dedicato uno spazio più sintetico, non perché la loro produzione in Piemonte sia marginale, ma perché si tratta di formaggi già assai noti: Gorgonzola, Grana Padano e Taleggio.
Ciascuno di essi è tutelato da un Consorzio e viene caseificato seguendo le norme dettate da un Disciplinare di Produzione che indica e delimita le zone di produzione, le tecniche di lavorazione e i caratteri organolettici, ed è anche assai rigoroso in materia di provenienza del latte e di alimentazione degli animali che lo forniscono.
Pantaleone da Confienza classificava i formaggi in mordicativi (cioè di sapore pungente), sapidi, acuti (forti), exicativi e incisivi (risolutivi, cioè in grado di debellare gli umori maligni): non è azzardato sostenere che queste caratteristiche, opportunamente aggiornate e spogliate delle loro valenze medico -filosofiche, si possono applicare anche ai formaggi piemontesi di oggi, che sposano le moderne esigenze igienico - sanitarie con i gesti millenari della tradizione.